Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge riproduce, con pochissime modificazioni, il testo di un disegno di legge presentato il 20 giugno 2002 al Senato della Repubblica (atto Senato n. 1521), ben prima dell'approvazione della legge 19 febbraio 2004, n. 40, recante: «Norme in materia di procreazione medicalmente assistita». Abbiamo giudicato quest'ultima legge ingiusta, profondamente errata nei contenuti, lontana dalla buona pratica medica, una legge che ci ha allontanato dall'Europa per il suo anacronismo e per i contenuti profondamente lesivi del diritto alla libera scelta e alla salute delle donne. Ma è innanzitutto una legge che lascia senza riferimenti i medici e i ricercatori come le donne e gli uomini interessati, è una legge che si rifiuta di governare questo problema perché si preoccupa soltanto di ribadire alcuni princìpi etici di parte, disinteressandosi persino dell'effettiva possibilità della loro applicazione.
      Sulla legge n. 40 del 2004 è stato promosso nel giugno del 2005 un referendum i cui quesiti proponevano l'abrogazione totale o l'abrogazione delle parti più inaccettabili del testo - referendum che, come è noto, non ha raggiunto il prescritto quorum.
      Non siamo stati ascoltati quando, durante la discussione parlamentare della legge n. 40 del 2004, chiedevamo un confronto vero, che facesse tesoro delle tante voci critiche provenienti dalla società civile e dal mondo scientifico (anche in occasione di numerose audizioni parlamentari), per porre rimedio almeno ai punti più inaccettabili del testo della legge.

 

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      Nel corso della discussione parlamentare avevamo molto insistito sui rischi di una legislazione «pesante» in una materia delicata come la fecondazione assistita, che al contrario richiederebbe una normativa di sostegno e di tutela strutturata intorno a poche regole condivise.
      La legge n. 40 del 2004, basandosi su un impianto etico univoco, si è tradotta in una normativa discriminatoria dei comportamenti delle persone: divieto della fecondazione eterologa, divieto di accesso alle tecniche per la donna singola, divieto di congelamento degli embrioni, divieto di diagnosi preimpianto per le coppie portatrici di malattie genetiche. Tra l'altro, in questo campo, è ben noto che i divieti possono essere abbondantemente aggirati quando si abbiano le risorse finanziarie per farlo, costringendo molte persone a quel «turismo procreativo» che una buona legge avrebbe dovuto eliminare.
      Lo ribadiamo oggi. È difficile per il diritto intervenire su questioni che riguardano la vita, la riproduzione e valori costituzionalmente garantiti come il diritto alla salute e la libertà della ricerca scientifica. Ci rendiamo conto che il tema della fecondazione assistita richiama tutti a una grande assunzione di responsabilità legislativa, perché riguarda la nascita, i diritti del bambino, la responsabilità degli individui, la genitorialità, i rapporti affettivi. E riguarda l'esercizio della libertà delle persone che di tutto ha bisogno fuorché dell'intervento di uno Stato etico.
      I progressi compiuti dalla ricerca genetica e lo sviluppo delle biotecnologie costituiscono una delle grandi rivoluzioni di questo secolo. Hanno cambiato il volto della medicina; hanno mutato il rapporto fra natura e corpo, fra casualità e scelta, fra necessità, libertà e possibilità. Hanno posto all'umanità problemi inediti, come quelli che si riassumono nel termine «bioetica».
      Il legislatore non può non tenere conto di questo mutamento di scenario, di costume e di comportamenti, prodotto dalle nuove tecnologie, e delle possibilità che esse offrono. La novità delle biotecnologie costringe inevitabilmente anche ad adeguare le «capacità» del diritto.
      Il problema al quale il legislatore non può sottrarsi è quello di come legiferare tenendo conto delle diversità, spesso inconciliabili, delle convinzioni morali. Il rispetto del principio della laicità dello Stato prevede che si dovrebbe definire un impianto di norme laico e moderno, intendendo la laicità come principio regolativo, principio che prescrive la estraneità dei giudizi e dei contenuti etici nell'esercizio dei poteri e delle funzioni dello Stato, e in particolare nella elaborazione delle leggi.
      Compito del legislatore non è di sottoscrivere uno dei «codici morali», ma di dettare regole che consentano la convivenza delle differenze e l'affermazione di diritti e doveri condivisi. Fra questi vanno sicuramente annoverati il diritto alla salute, a condizioni di sicurezza, all'informazione; il diritto alla tutela del nascituro; la tutela dell'anonimato del donatore; il divieto della commercializzazione dei materiali genetici e del corpo femminile; l'affermazione della logica del dono e della solidarietà fra persone.
      Per ogni altra questione i princìpi che ispirano le decisioni sono quelli della responsabilità e della libertà e della non invadenza dello Stato su scelte complesse, che chiamano in causa relazioni, desideri, responsabilità, coscienza individuale.
      Diversamente si producono leggi inutili e inapplicabili, e la legge n. 40 del 2004 ne è una conferma, per non parlare di vere e proprie aree di illegalità. Divieti irragionevoli spingono le persone a recarsi nei Paesi in cui le norme sono meno restrittive, per ottenere ciò a cui non hanno diritto nel nostro Paese, e hanno come unico effetto il «turismo procreativo» e la creazione di iniquità. Esattamente ciò che sta accadendo.
      La presente proposta di legge privilegia l'interesse della tutela della salute e mira a creare condizioni per garantire un adeguato controllo sanitario. Una volta garantita la libertà di accesso alla fecondazione medicalmente assistita, è opportuno valutare come primario interesse il diritto del
 

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nascituro a una identità certa, nonché a un patrimonio genetico non manipolato. Va impedito inoltre il disconoscimento del figlio o della figlia, una volta che sia stato dato il consenso alla fecondazione medicalmente assistita, e va riconosciuto e attestato il desiderio anche maschile di coinvolgimento nel progetto procreativo.
      Quanto al destino degli embrioni soprannumerari, nonché ai limiti della ricerca scientifica ad essi applicata, si ritiene che il problema non possa essere risolto con una legge di regolamentazione generale della fecondazione medicalmente assistita. Tuttavia è possibile fissare alcuni princìpi che riconoscono il potere e soprattutto la responsabilità dei soggetti, della donna o della coppia, che, con il loro progetto procreativo, hanno creato gli embrioni: sembra giusto che non siano espropriati della possibilità di avere voce in capitolo nella decisione relativa alla loro destinazione.
      La presente proposta di legge disciplina, inoltre, il ricorso alle tecniche di fecondazione medicalmente assistita, alle quali possono avere accesso tutte le donne che abbiano compiuto la maggiore età e in età potenzialmente fertile e alla cui richiesta può associarsi il coniuge ovvero il convivente che abbia intenzione di assumere la paternità del nascituro (articolo 1).
      All'articolo 2 è prevista l'esigenza che vengano adeguatamente informati, anche in forma scritta, coloro che intendono sottoporsi alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, sia sul grado di invasività delle tecniche medesime sia in relazione ai possibili effetti collaterali, affinché possano esprimere le proprie volontà in modo informato (è anche prevista la possibilità di revoca). Particolare cura è stata posta in ordine alla definizione dello stato giuridico del nato (articolo 3), mentre l'articolo 4 disciplina il divieto di disconoscimento di paternità.
      Le linee guida sono regolate da apposito decreto del Ministro della salute, secondo quanto previsto dall'articolo 5; l'articolo 6 definisce i requisiti delle strutture autorizzate.
      L'articolo 7 istituisce il registro nazionale delle strutture autorizzate all'applicazione delle tecniche di fecondazione medicalmente assistita presso l'Istituto superiore di sanità. Le modalità per la donazione dei gameti sono stabilite dall'articolo 8, che introduce limiti di età (per le donne trentacinque anni e per gli uomini quaranta) e prevede l'accertamento dell'idoneità dei donatori, al fine di escludere ogni possibile patologia infettiva o malattia ereditaria. L'articolo 9 reca norme per la raccolta e la conservazione di gameti e di embrioni. L'articolo 10 prevede la possibilità di diagnosi preimpianto a fini di prevenzione e terapeutici. Le disposizioni sui divieti sono contenute nell'articolo 11, mentre il divieto di clonazione umana a fini riproduttivi è disposto dall'articolo 12.
      La sperimentazione sugli embrioni umani è in generale vietata, mentre la ricerca clinica su di essi è consentita a condizione che si perseguano finalità cliniche o terapeutiche. L'articolo 13 vieta comunque la produzione di embrioni umani per fini di ricerca o sperimentazione, ogni forma di selezione a scopo eugenetico, nonché interventi di manipolazione e di scissione e la fecondazione di gameti umani con gameti di specie diversa. L'articolo 14 prevede l'obbligo per il Ministro della salute di presentare ogni anno una relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della legge. Le sanzioni penali e amministrative sono disciplinate dagli articoli 15 e 16, mentre la tutela della riservatezza dei dati personali, in merito sia alla donazione che alle persone che accedono alla procreazione, è regolata dall'articolo 17, che prevede anche la deroga alla normativa generale nei casi di grave e comprovato pericolo per la salute del nato. L'articolo 18, infine, dispone l'abrogazione della legge n. 40 del 2004.
 

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